Organizzata in occasione del semestre spagnolo di presidenza dell'Unione Europea (“La cultura, cuore dell'Europa” si intitola la presentazione in catalogo di Zapatero), la mostra affronta l'evolversi delle tematiche che si dipartono da Goya nei secoli a lui successivi, presentando i pittori che hanno re-interpretato, ciascuno a suo modo, i temi e i motivi su cui la modernità si è interrogata nel corso del tempo, temi e motivi che hanno la loro origine nella ricerca e nella produzione di Goya, attraversando i secoli ed i movimenti fino al giorno d'oggi. Infatti l'opera del pittore aragonese è stata punto di riferimento per i movimenti stilistici che hanno contribuito a definire l'arte e la società dei secoli successivi, in particolare impressionismo, simbolismo, espressionismo e surrealismo. Goya rappresenta una figura fondamentale per comprendere il mondo moderno e conoscere ciò che di realmente moderno è racchiuso in esso. Tanti sono gli artisti che si sono mossi dai temi da lui affrontati, facendoli propri, aiutando chi guarda a comprendere l'inquietante mondo in cui si vive.
Sicuramente il punto di forza dell'esposizione è nel rendere chiaramente tangibile la modernità di Goya nel confrontarlo con tele di altri artisti successivi, tra cui Picassso, Mirò e Bacon. Goya scrisse che “in natura il colore non esiste e neppure la linea: non c'è altro che sole e ombre. Datemi un pezzo di carbone e vi farò un quadro”.
La mostra è suddivisa in cinque sezioni, in ciascuna delle quali Goya è presentato come punto di origine dei temi successivamente sviluppati e personalizzati da altri artisti.
La prima sezione presenta “Il lavoro del tempo – i ritratti”. Goya (presente con 11 opere, tra cui un autoritratto) riesce ad imprimere sulle tele anche le qualità personali dei soggetti ritratti, la soggettività, senza pur tralasciare il dato oggettivo del vestiario e delle onorificenze. Vari sono i modi di rappresentare la soggettività, dopo Goya: dai romantici Delacroix e David (autoritratti) ai tragici Nolde e Schonberg, al Kitaj dell'”Autoritratto a Saragozza” del 1980. Particolarmente ficcante il confronto tra “La contessa de Haro” di Goya, la “Mujer con mantilla” di Picasso e la “Woman in profile” di Soutine, immagini di tre donne attraverso i secoli che pongono un interessante interrogativo: gli artisti successivi possono essere considerati “eredi” di Goya?
La seconda sezione affronta “La vita di tutti i giorni”, presentando la ricchezza della vita quotidiana. Dagli ironici “Il muratore ubriaco” e “La lettera si impara con il sangue” ai realistici “Arrotino” e “Lattaia di Bordeaux”, dalle “Tauromachie” agli schizzi per la strada, Goya offre un ampio campionario. Lo seguono Daumier coi suoi colori scuri, Alenza y Nieto (direttamente dipendente dall'aragonese per temi e toni) e Victor Hugo coi suoi sorprendenti disegni.
La terza tratta i temi “Grottesco e comico”, i “disperates”: assurdo e follia riflettono un mondo disgregato. Una collezione di 22 stampe di Goya sui proverbi è un modo di guardare la realtà in cui disordine e incubo sono protagonisti. Come nelle maschere di Ensor, Rouault, Nolde, Solana, Michaux e Rainer, fino a gli astrattismi di Mirò e Klee.
Molto interessante la sezione successiva, “La violenza”: Goya per primo restituisce il carattere tragico della guerra ed i disastri che essa inevitabilmente porta, facendo passare in secondo piano l'eroismo e le virtù militari. Goya non lascia dubbi, a cominciare dai titoli (la lunga serie “I disastri della guerra”). Gli artisti di questa sezione sono di primaria importanza e di particolare intensità espressiva: Picasso e Dalì (la guerra civile spagnola sentita come preludio alla seconda guerra mondiale), Dix, Grosz, la Kollowitz, Lehmbruck, le agghiaccianti immagini di Heartfield, Aligi Sassu, Guttuso, Zoran Music, Kokoschka, fino a Kitaj.
“Il grido” diviene l'espressione più intensa e lacerante della soggettività, quando non c'è più uscita dalla situazione che si sta vivendo. Un tema prettamente novecentesco affrontato da Giacometti, Guttuso, Grosz, Kirchner, Bacon ma che parte da Goya e si prolunga fino a Karel Appel, avendo come epigoni Hartung, De Kooning, Kiefer (“Coi ferri”, 2005).Qui quei ritratti della prima sezione vengono presentati come deformati nei tratti somatici. Discorso a parte per Manuel Millares e Antonio Saura, fondatori del gruppo El paso nel 1957, che presentano scene di violenza, mostri e deformazioni.
L'esposizione, organizzata tra gli altri da MondoMostre, è accompagnata da un ottimo catalogo Skira, dove Antonio Munoz Molina spiega il coraggio di guardare (tema quantomai attuale), Susanne Schluder confronta Francisco Goya e Francis Bacon evidenziando in entrambi modernità e ambivalenza, Claudio Strinati si occupa del rapporto fra Goya e l'Italia. Il volume analizza la relazione e i legami artistici tra Goya e i più celebri pittori moderni, partendo dalle tematiche proprie del pittore aragonese, identificate con le sezioni della mostra spiegate dai curatori Valeriano Bozal e Concha Lomba. In appendice, oltre alle biografie degli artisti, la traduzione in spagnolo in pagine gialline.
Milano, Palazzo Reale, fino al 27 giugno 2010, aperta lunedì dalle 14,30 alle 19,30, martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle 9,30 alle 19,30, giovedì e sabato dalle 9,30 alle 22,30, ingresso euro 9,00, catalogo Skira, infoline 02.54910, sito internet www.mondomostre.it
FRANCESCO RAPACCIONI
Teatro